L’addestramento dei poveri pitbull da combattimento «comincia» con l’allenamento: corse estenuanti legati dietro a motorini lanciati a tutta velocità, per sviluppare fiato e muscolatura. Poi si passa alla presa mascellare, fondamentale per i combattimenti. I cani sono costretti a mordere copertoni sollevati ad alcuni metri dal suolo: se mollano, cadono nel vuoto. C’è poi un sistema sadico, ai limiti delle sevizie, per irrobustire la presa: si lega un pezzo di carne a un filo d’acciaio, poi, quando l’animale sta per azzannarlo, lo si ritira e il quattrozampe chiude le mascelle sul ferro. Frequenti anche i collari elettrici: ogni volta che non si comporta come si esige, viene punito da una scarica elettrica. C’è ancora di peggio: spesso queste povere creature sono tenute a digiuno per giorni, poi nutrite con animali feriti, sanguinanti ma ancora vivi. Serve a renderle più feroci. In genere la vittima è un gatto che viene solo ferito, che i cani sanno di poter avere in pasto alla fine dell’addestramento giornaliero.
Per incattivirli ancor più, gli «allenatori» usano chiuderli in sacchi e picchiarli con spranghe e calci. Prima degli incontri, molti vengono eccitati con droghe e anfetamine. Si allena un «campione» a uccidere utilizzando bastardoni randagi presi dalla strada, rubati o riscattati da qualche canile privato. Vengono usati come cavie e lanciati contro gli «assi». Se di taglia grossa sono invece legati a un palo, per farli aggredire dagli «atleti».
Nel giugno del ‘95, ad esempio, la squadra mobile di Pescara trovò in una pineta, vicino a un canile privato gestito da pregiudicati, un cimitero di carcasse di animali morti a seguito delle lotte. Disseminati intorno vennero rinvenuti tantissimi denti di cani di ogni razza: i criminali rapivano i quattrozampe, cavavano loro i denti perché non potessero azzannare, quindi li gettavano in preda ai «gioielli» per tenerli in forma. Ma non tutti i cani da combattimento sono cattivi. Ecco la storia di Trudy. Sequestrata dalla magistratura assieme ad altri otto cani da combattimento perché trovata, in condizioni pietose, in possesso di un malavitoso milanese, il destino di Trudy era segnato. Parcheggiata per qualche tempo nel canile comunale, era destinata all’abbattimento. Nessuno voleva un cane che aveva combattuto. Poche ore prima dell’esecuzione, le associazioni Diamoci La Zampa, Gaia Animali & Ambiente e Vita da Cani chiedono al giudice l’affidamento. Concesso. Gli otto «cani assassini» sono trasferiti nei rifugi delle associazioni. Non più sottoposti a torture, non più picchiati e maltrattati, ma rieducati e rassicurati dall’amore, dalle coccole e da qualche lezione di recupero, Trudy e gli altri compagni di sventura sono pronti per tornare a fare «vita civile». Trudy è fortunata: di lei si innamorano Maura e Davide, che la vedono nel rifugio di Diamoci La Zampa e, dopo un programma di «affiatamento», la portano a casa. Trudy passa dai ring dei combattimenti ai giardinetti sotto casa. Ed è la più dolce e docile di tutti. Perché così sono i suoi accompagnatori umani.
«Cani killer». «Belve feroci». «Cani assassini». «Sicari a quattro zampe». «Un quartiere in ostaggio dei pitbull». Addirittura «Animalacci ringhianti» (l’ha scritto Gabriele Cané, editorialista de “Il Giorno”). Periodicamente stampa e tv, sempre alla ricerca del «clamoroso» e della notizia a effetto, ci propongono queste e altre truculente definizioni dei pitbull, cani mostruosi, che attaccano senza motivo e il cui unico scopo è quello di uccidere e dilaniare.
La verità è un po’ diversa. Di un pitbull si può fare ciò che si vuole, la sua personalità è plasmabile in qualsiasi modo. Così, non avendo un carattere di specie, attinge a quello del suo possessore e lo assorbe. Questa povera bestia si ritrova così con una struttura di cane ma con una mente «vergine», plagiata involontariamente da chi gli fa da tutore. E qui sta il problema. Siccome il pitbull è un cane dal cervello minimo, a causa delle mutazioni genetiche indotte dall’uomo, finisce insomma per assumere la personalità del padrone. Pitbull = cani assassini, allora? No. Non esiste un cane pericoloso, esistono uomini pericolosi. Questi animali, dice chi li conosce, sono carte assorbenti, pronti a rispondere agli stimoli che ricevono. Nessuna razza è di per sé pericolosa.
Basti considerare che negli Usa i «terribili» staffordshire sono usati per curare pazienti con problemi psichici mediante pet therapy, la terapia basata sul contatto con gli animali. La scarsa conoscenza dei comportamenti animali e della maniera di avere a che fare con loro da parte dei proprietari è probabilmente la causa di alcune delle vicende che hanno visto pitbull e rottweiler incustoditi aggredire e mordere persone. In Francia invece i «feroci» rottweiler sono in forza alla protezione civile per cercare le persone disperse durante le calamità. E per dimostrare che anche il pitbull può essere un cagnolone tranquillo, la LAV tempo fa portò un cucciolo a «Effetto Venezia», la rassegna livornese di mezza estate: i visitatori, bimbi compresi, potevano avvicinarsi allo stand e accarezzare l’animale senza alcun rischio.
Insomma. È vero che i pitbull e le altre razze cosiddette da combattimento sono in grado, per patrimonio genetico e costituzione fisica, di sviluppare una potenza maggiore di altre, ma è anche vero che l’aggressività stessa è frutto di un condizionamento. Tanto che lo psicologo Fulvio Scaparro, dalle colonne del “Corriere della Sera”, ha potuto argutamente affermare: «Non credo al cane-assassino, mi sembra più credibile l’ipotesi di qualche padrone-stupido. Il che per certi versi non rende più facile la soluzione del problema».
È doveroso qualche consiglio a chi desidera acquistare (o adottare dal canile: ce ne sono tanti...) un cane di grossa taglia. Se non siete persone dotate di polso e fermezza, evitate di prendere un cane di quelle razze cosiddette da presa (rottweiler, pitbull, dogo argentino e così via) ma sappiate che qualunque animale di grossa mole (anche pastori tedeschi o maremmani) deve essere gestito con assoluta decisione e ad essi non va concessa troppa libertà. È assolutamente necessario, poi, informarsi presso veterinari, club, allevatori, associazioni animaliste ecc. su pregi e difetti della razza che si vorrebbe portare in casa e soprattutto non seguire mai le mode in fatto di cani. Ultimo consiglio riguardo al sesso del soggetto da tenere: le femmine sono naturalmente meno aggressive e più docili, quindi più educabili e controllabili da chi non è poi così esperto in fatto di cinofilia.
È chiaro che cattivi sono solo i padroni, non gli animali; tuttavia di fronte ai problemi che si sono creati, è opportuno correre ai ripari. Anche per proteggere queste vittime incolpevoli. La sterilizzazione dei pitbull (da combattimento e non) è richiesta dagli esperti. Molti sono infatti ormai i cani da lotta (ma anche solo i cani di piccoli pregiudicati) sotto sequestro affidati da magistrati a rifugi per animali. Secondo Enrico Moriconi, presidente dell’Asvep, associazione culturale veterinaria di salute pubblica e animalista storico, ad esempio, la sterilizzazione avrebbe una doppia conseguenza positiva. Abbasserebbe il tenore di aggressività degli animali, rendendoli inadatti alla continuazione dei combattimenti; e ne impedirebbe la procreazione, privandoli del valore legato alle capacità riproduttive.