Usignolo del Giappone

Pubblicato il : 17/03/2014 16:30:44
Categorie : Specie di Uccelli

Usignolo del Giappone

L’usignolo del Giappone è un passeriforme e rappresenta la specie più conosciuta del gruppo dei Timaliidae, di taglia medio piccola, è molto agile e colorato, ideale come uccello da compagnia sia per la sua bellezza sia per le sue peculiari doti di cantore.
L’usignolo è uno degli uccelli canori più longevi potendo raggiungere e superare i Vent’Anni di età. Naturalmente per poter raggiungere questo traguardo serve una gestione perfetta, una gabbia spaziosa ed una alimentazione varia e completa A dispetto del nome non è un animale giapponese: è diffuso nel sottobosco delle foreste di querce e conifere nelle regioni montagnose dell’Himalaya, India, Sikkim, Birmania e Cina. È anche conosciuto con il nome di usignolo di Pechino perché presente da tempo immemore nella tradizione ornitologica cinese. Si è rinselvatichito e ambientato anche alle Hawaii dove esistono oggi popolazioni stanziali che riproducono regolarmente. Ne esistono sei distinte razze che differiscono leggermente per colorazione della livrea e dimensione. Impariamo a conoscere meglio questo splendido uccello e come è possibile allevarlo in voliera e mantenerlo sano e in forma a lungo.

La scelta di soggetti sani

Un usignolo sano, come tutti gli uccelli da voliera, è un soggetto sempre in movimento, che difficilmente vedremo dormire durante il giorno con la testa sotto l’ala. Sosta principalmente sul posatoio e al suolo per brevissimi periodi. L’esemplare che vogliamo acquistare dall’allevatore deve avere un piumaggio completo, senza zone prive di piume e queste devono essere pulite e non imbrattate di feci neppure attorno alla zona cloacale che, nell’animale sano, non si sporca durante la defecazione. Il soggetto sano non presenta sierosità e croste in nessuna zona del corpo e non emette sibili o rumori durante la respirazione. Come per ogni altro animale, subito dopo l’acquisto, è bene farlo visitare da un veterinario specializzato che, se necessario, provvederà a consigliare anche eventuali accertamenti diagnostici. Come distinguere il maschio dalla femmina
Il dimorfismo sessuale, ovvero la differenza tra maschio e femmina, è particolarmente evidente.
Il maschio ha colori del piumaggio molto accesi, mentre la femmina ha i colori del piumaggio più tenui, meno sgargianti. In particolare nella femmina le parti superiori del corpo (soprattutto la testa) sono di colore grigio mentre nel maschio si presentano di color verde oliva. La femmina non canta (come avviene del resto per tutti gli uccelli canori), ma emette un breve fischio di richiamo oppure una specie di gracchio nel caso in cui si spaventi o venga presa in mano. Il canto del maschio è molto interessante e ricorda vagamente quello dell’usignolo europeo (Luscinia megarhynchos), da cui si differenzia per la brevità, il minor numero di note e per il tono decisamente più alto.

La morfologia della specie

L’usignolo del Giappone raggiunge una lunghezza massima di 15 centimetri dalla punta del becco alla punta della coda. La coda è lunga circa cinque centimetri. Il becco è breve con l’estremità ricurva verso il basso. Le ali sono corte, slanciate con le estremità arrotondate. Le zampe sono esili e corte. Il folto piumaggio presenta una livrea molto attraente con le parti superiori del dorso verde oliva; petto, ventre e cosce sono giallo pallido; la coda è color ruggine mentre la gola è di un bel giallo aranciato. Le zampe sono gialle mentre il becco è rosso corallo con la base nera da cui si dipartono due strisce di filopiume gial- lo arancio che raggiungono e circondano gli occhi, dando l’impressione all’osservatore che l’usignolo indossi una sorta di maschera o che possegga dei mustacchi. Le ali sono marrone nerastro con il margine giallo arancio.

Reperibilità nel mercato

I primi esemplari che arrivarono in Europa erano uccelli di cattura. Quando ero ragazzino alle mostre ornitologiche si potevano vedere gabbioni con centinaia di soggetti assiepati che venivano venduti a poche lire e che sicuramente non erano stati né quarantenati né gestiti in maniera igienicamente ed etologicamente corretta. Ora, per fortuna, non si importano più animali in quelle condizioni ed in generale sono bloccate le importazioni per quasi tutte le specie. La maggior parte dei soggetti reperibili sul mercato sono riprodotti in cattività, quindi più docili, più sani e già abituati alla vita in gabbia e voliera. Naturalmente sono esemplari più costosi perché il loro numero in commercio è molto esiguo mentre la richiesta è rimasta alta. Come già accennato, ci possono essere soggetti che sono stati prelevati in natura (sempre più rari) oppure soggetti nati in cattività. I primi purtroppo mantengono un carattere schivo e timoroso per tutta la vita e andrebbero avvicinati il meno possibile e alloggiati in una voliera molto alberata per evitare ulteriori stress. Di solito, se lasciati tranquilli, sono ottimi riproduttori, ma non diventeranno mai dei buoni soggetti da compagnia. Ci sono comunque delle eccezioni a questa regola con soggetti di cattura che arrivano ad avere un ottimo feeling con i proprietari. Sono persone che in gene- re dedicano loro molto tempo così da vincerne la naturale reticenza.

Nati in allevamento

I soggetti nati e cresciuti in gabbia si presentano molto più confidenti nei confronti dell’uomo anche se esistono sensibili differenze individuali tra un soggetto e l’altro e tra soggetti allevati solo dai genitori e soggetti imbeccati dall’allevatore nell’ultima fase dello svezzamento. In generale restano uccelli molto vivaci, timidi e pronti a fuggire alla prima occasione, quindi vanno sempre gestiti in ambiente chiuso e le operazioni di pulizia della gabbia devono compiersi in sicurezza. Teniamo chiuse le finestre quando apriamo la gabbia e chiudiamo le tende in modo che, se inavvertitamente l’animale dovesse uscire, non sbatta sul vetro delle finestre ferendosi anche gravemente.

La corretta alimentazione

Come tutti gli uccelli insettivori anche questa specie ha bisogno di una alimenta- zione ricca di proteine di origine animale. A scaffale è possibile disporre un gran numero di mangimi di ottima qualità e di facile somministrazione, formulati specificamente per uccelli insettivori. Essi possono presentarsi sotto forma di pastoncino oppure in pellettato e per sapere quale piace all’usignolo che mettiamo in vendita è necessario provare a somministrare entrambe le formula- zioni. Analogamente, è buona norma mettere a disposizione anche il tradizionale pastoncino all’uovo. La giusta conservazione dell’alimento
Un errore del cliente, abbastanza comune, è riempire a dismisura le mangiatoie per paura che l’animale resti senza cibo. Così facendo accade che i mangimi rimangono nella gabbia per molti giorni con il pericolo di contaminarsi e dare luogo a tossinfezioni alimentari. È più corretto mettere la quantità di mangime calibrata per il consumo giornaliero dell’animale; procedendo a una totale pulizia delle mangiatoie ogni giorno pri- ma di mettere il nuovo mangime. La confezione di cibo, una volta aperta, andrà conservata in luogo buio, asciutto e fresco e al riparo dall’aria.

Acqua e frutta

L’acqua fresca e pulita va somministrata in un beverino frequentemente pulito e disinfettato per impedire la creazione di pericolose alghe e muffe. La dieta deve essere integrata con frutta fresca (per esempio: pere, mele, banane, agrumi dolci, kiwi, ecc.) di cui gli usignoli sono molto golosi. È curioso notare che gli agrumi sono più facilmente consumati se offerti tagliati trasversalmente che non a spicchi singoli.

Insetti, verdura, semi e grit

Oltre a frutta fresca, la dieta deve essere integrata con l’offerta giornaliera di una piccola quantità di insetti vivi (es. tarme della farina, camole del miele, lombrichi). Le verdure, spesso gradite, devono essere somministrate con parsimonia, pulite e a temperatura ambiente. L’usignolo del Giappone non disdegna neppure piccole quantità di sementi e granaglie (scagliola, miglio bianco e giallo, panico anche in spighe, canapa e avena decorticata). Utile è lasciare a disposizione, tutto l’anno, del grit (gusci di ostriche e conchiglie triturate), sistemato anch’esso in una piccola mangiatoia.

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